Va beh, a noi del web diciamo che un po’ piace la caccia all’epic fail, quel momento in cui qualcuno la fa fuori dal vaso e si espone alla fustigazione generale. Sarà morbosità, cattiveria, frustrazione dovuta allo stress ma tanto è. No, no, non è cattiveria, quasi mai. Spesso lo facciamo quasi senza pensarci, come fosse naturale.
Il Melegatti gate ha per questo fatto contenti molti: un messaggio omofobo, contenuti improponibili e un direttore marketing bocconiano che posta commenti “finti” pro azienda come se potesse non essere beccato (sì, non sto scherzando). Ma non voglio tornarci sopra, se ne è già parlato molto e di croci addosso Melegatti ne ha prese anche troppe. Anche perché diciamocelo… è stato fin troppo facile o meglio come si dice da me della serie “sparare sulla croce rossa”.
Saremmo pronti a indignarci così (non solo parlando di social, ma di comunicazione in generale) anche per brand più fichi? Ma sì, quelli sono vecchi, fanno il Pandoro, usano Scanu come testimonial. Faremmo lo stesso con, per dire… Amazon? Vi do già l’occasione per dimostrarlo.
Non so se ne eravate al corrente, ma il colosso americano da poco è diventato anche produttore, dando vita a serie tv che si apprestano ad essere molto interessanti. Una di queste, “The Man in the High Castle” è ispirata a “La svastica sul sole” di Philip K. Dick (libro che consiglio) in cui il mondo è controllato dai nazisti (che hanno vinto la 2a Guerra Mondiale). Tranquilli, arrivo al vero punto.
Cosa ha pensato di fare Amazon per il lancio? Coprire (completamente o quasi) la metropolitana di New York con simboli nazisti. Una campagna che ha attirato più di una critica, generando anche buzz negativo. Non essendo del partito del “bene o male l’importante è che se ne parli” come possiamo definire la scelta di Amazon di affidarsi al non convenzionale?
42nd St #shuttle covered w. Nazi and Japanese imperial signs inside & outside cars. Riders seem to not notice pic.twitter.com/m9fCzwIpI9
— Katherine Lam (@byKatherineLam) 23 Novembre 2015
Certo, un’idea originalissima, una prova di guerrilla e ambient marketing che fa godere gli specialisti e fa sentire fighi solo a proporla (figuriamoci a realizzarla), ma siamo certi risponda alle domande fondamentali: “Serve davvero alla comunicazione del brand e del prodotto? Lo fa nel modo giusto?”.
I know it’s an ad, but going to Amazon and seeing Nazi propaganda is still really jarring. — Melody Burst (@MelodyBurst) 20 Novembre 2015
Non fraintendetemi. Adoro le campagne quando sono così originali e questa non è da meno (ma è perfetto spunto per riflettere sul tema). Quando ben fatte mi fanno impazzire e penso che siano ormai l’unico modo per distinguersi e colpire positivamente la gente, troppo bombardata fra messaggi, ads, contenuti. Ma non posso negare che ultimamente si sia perso la via in molti casi, non comprendendo che anche l’approccio non convenzionale deve spingere verso l’obiettivo prefissato. Fatto tanto per fare, per scena rischia di essere fine a se stesso e non essere utile come dovrebbe.
Partire dalle esigenze e dagli obiettivi resta l’unica certezza, una certezza che tanti sacrificano in favore di una comunicazione più cool, moderna, giovane (parole che non significano nulla in pieno stile supercazzola). Come spiegava benissimo in questo post brandpositioningitalia cambiare e stravolgere solo per il gusto di farlo non solo non è produttivo, ma rischia di esporci a situazioni addirittura critiche.
Amazon lo fa e lo fa soprattutto bene, facendo provare alla gente la stessa sensazione di disagio che sentirebbero se quella realtà distopica fosse reale (la metrò richiama la vita “normale” ed i suoi aspetti quotidiani). Vuole immergere i passeggeri in una situazione irreale, che li colpisca emotivamente. Quasi un “disgusto”, un disgusto che racconta e si lega perfettamente all’atmosfera della serie. In fondo si parla pur sempre di una vita in cui a comandare sarebbero Hitler e compagnia.
Stesso discorso per i celebratissimi (giustamente) social di Ceres, un modello amato e preso ad esempio dai più. Un modello che trova senso nella natura stessa del brand e della sua filosofia comunicativa, andando con quello stile estroverso ed eccessivo a supportare il posizionamento di marca e l’idea che il brand vuole dare agli utenti. Non è infatti solo questione di sentirsi dire “bravi” o “che creativi”, ma anche e soprattutto di essere utili alle finalità aziendali. Nulla al caso o alla voglia di apparire, ma tanta tanta sostanza, studiata a tavolino.
Continuiamo ad avere voglia di cambiare ed essere originali quindi (il mio plauso ad Amazon), ma non dimentichiamoci mai che la comunicazione deve sempre essere strategica per brand e aziende e non solo far parlare di sé senza uno scopo concreto. Non si vive di sola visibilità, il fumo non basta più. Se non si è capaci lasciamo stare. È meglio.