Dolce & Gabbana fa sfilare influencer al posto dei modelli ed è subito influencer marketing. O no? Parlavo qualche mese fa in un post e più di recente in una puntata del mio podcast, della crescente importanza che l’autore, il chi, stava guadagnando a favore del solo contenuto, il cosa appunto. Un ribaltamento dei canoni a cui eravamo abituati, in cui è proprio la persona che crea il contenuto, grazie a autorevolezza e posizione acquisita, il reale valore aggiunto di un contenuto, la discriminante che porta gli utenti a sceglierlo e, quindi, a fruirne.
Un processo per molti versi comprensibile, basato su reputation e fiducia, ma che se estremizzato può portare a distorsioni pericolose, limitando quella doverosa componente qualitativa che deve animare un post. Come? Sbilanciando la sinergia che deve esistere tra autore e contenuto, o meglio, accontentandosi di sfruttare la notorietà, la posizione, la capacità di engagement di un autore. Proprio come ha fatto Dolce & Gabbana.
Influencer in passerella
Questa la novità più rilevante delle sfilate milanesi di inizio 2017. Dolce & Gabbana affianca a modelli e modelle 40 influencer internazionali: youtuber, fashion blogger, figlio d’arte. Scendono dalla scalinata di un palazzo da favola in rovina quelli che la maison definisce i ‘nuovi principi’ (qui stendiamo un velo pietoso).
In passerella canta Austin Mahone, americano di poco più di 20 anni e 9,9 milioni di followers, mentre sfilano Cameron Dallas (17 milionidi followers) ed una serie di blogger. Dal fiorentino Carlo Sestini, alla bionda blogger Caroline Daur, passando per la diciassettenne Sonia Ben Ammar in guepiere nera. Nomi che ai più (spesso anche agli addetti ai lavori) dicono poco, ma che sono ormai vere e proprie star e riferimenti per le generazioni più giovani.
Una scelta che Dolce & Gabbana giustifica spiegando che questi ragazzi “hanno valori forti come l’amore, l’amicizia, la famiglia, hanno fisicità e stili diversi, nessuno vuole assomigliare a nessuno e se ne fregano di compiacere”.
Il ribaltamento dell’autorevolezza
Comprendo perfettamente la scelta degli stilisti italiani lato awareness e pubblicità, nonché la volontà di far raccontare i propri prodotti a figure seguitissime e per lo più “normali”, una normalità che li rende simili e credibili agli occhi dei potenziali target. Una sensazione comprovata dai dati.
L’edizione numero 17 “Edelman Trust Barometer”, ricerca stilata sulla tematica della fiducia degli utenti verso aziende e realtà business. Una ricerca condotta tra ottobre e novembre 2016 su oltre 33mila persone in 28 nazioni diverse, Italia inclusa.
I risultati ribadiscono ciò che nell’ultimo periodo iniziava a palesarsi: un ribaltamento dell’influenza, o meglio, di chi la esercita. Sorpassata la vecchia piramide in cui l’autorità generano un rilevante grado d’influenza sulla popolazione. Crolla la fiducia verso le autorità (l’85% degli intervistati non ne ha) a favore invece di persone simili, pari.
Il ruolo (a rischio) della competenza
Un trend netto e per molti versi comprensibile, cavalcato con furbizia da Dolce & Gabbana. Un trend che però pone in secondo piano il fattore competenziale e, di conseguenza, la qualità dei contenuti che vengono prodotti. Non può bastare la similitudine autore-utente o la posizione primaria dell’influencer, a meno che tale posizione non sia stata conquistata (e poi mantenuta) grazie al know how. Un percorso lungo, utile a evidenziare le doti dell’influencer e a generare reputazione, quella stessa da cui poi nasce la fiducia.
Oggi troppo spesso assistiamo ad una pericolosa contrizione di questo percorso, scorciatoie che tendono proprio a lasciare per strada la qualità con tutti i problemi che ciò comporta. Si genera così un sistema instabile che, prima o poi, rischia di crollare su se stesso. Tocca alle aziende ed ai professionisti comprendere ciò, lavorando perché le campagne d’influencer marketing siano strutturate per portare reale valore e non semplicemente per creare buzz. Non è solo questione di advertising, ma di lavorare sulla fiducia e sulla volontà di creare relazioni prima e legami forti poi.
Che ci piaccia o meno non si vive di sola fama o spontaneità. È bene non dimenticarlo mai.