L’influencer marketing e la necessità di regolamentazione delle partnership commerciali. Un problema annoso che, pare, trovare sempre più risposte e soluzioni.
Da quando scrivo e creo progetti d’influencer marketing il tema della trasparenza riguardo le collaborazioni pay tra brand e influencer è sempre stato sottovalutato, ma cruciale. Era lì, latente, pronto a scoppiare da un momento all’altro. Tanto scomodo da portare i diversi attori coinvolti al silenzio, per la serie “non svegliamo il cane che dorme”.
Non sono mancate le polemiche e molti casi in cui la collaborazione diventava una becera marketta pubblicitaria più che un’operazione in sinergia. Da qui sono nati molti dibattiti su chi richiedeva maggiore etica e regolamentazione e chi, invece, parlava di un influencer marketing zoppo nel momento in cui veniva palesata la collaborazione e, soprattutto, il pagamento.
Sia chiaro, le regole da rispettare ci sono sempre state, così come i casi in cui le autorità competenti sono intervenute, bacchettando il brand di turno. Il caso di Lord & Taylor è uno dei maggiori esempi in tal senso. Il brand fu indagato e costretto dalla US Federal Trade Commission a dichiarare che i post di molti influencer con i suoi prodotti erano arrivati tramite pagamento di una fee. Da qui l’obbligo da parte della FTC di utilizzare sempre l’hashtag #ad o #sponsored così da renderli evidenti rispetto a quelli “organici”. Un diktat non molto rispettato però.
Ma il tempo passa e le cose cambiano, o meglio, evolvono.
Chiara Ferragni e l’hashtag #ad
Per tutti quelli (ce n’erano davvero ancora?!?) che pensavano che i contenuti della buona Ferragni fossero spontanei, ieri è arrivata l’amara verità. Tra la caption di un post su Instagram è infatti apparso l’hashtag #ad, inequivocabile segno di un pagamento ricevuto per la realizzazione dello stesso. Una rivoluzione copernicana per gli influencer, da sempre fortemente contrari a palesare le collaborazione pay.
Certamente una volontà che serviva a difendere la loro reputation e il loro senso (solo apparente) di indipendenza. D’altronde lo diceva anche Seth Godin in Unleash the ideavirus: un influencer più si “mischia” con un brand più perde appeal sul suo seguito, vedendo diminuire spontaneità e, conseguentemente, credibilità.
I motivi di questa negazione da parte degli influencer erano però anche commerciali, permettendo rendicontazioni economiche non sempre “chiare” e una maggior possibilità di collaborare con i brand.
Senza dubbio hanno influito su questa scelta le polemiche delle scorse settimane riguardo la denuncia dell’Unione Nazionale Consumatori all’anitrust di alcuni vip del bel paese rei di fare pubblicità occulta sui social.
Instagram e la nuova feature pro trasparenza
Lentamente si muoveva nell’ombra Instagram stesso, certo della necessità di fare qualcosa per rendere più chiare le collaborazioni tra influencer e aziende. È di ieri l’annuncio di un nuovo tool che permetterà di aggiungere ai post e alle stories il tag “Paid Partnership with”.
Una mossa che dovrebbe agevolare le sinergie con gli influencer, ma soprattutto renderle più trasparenti, dando vita a relazioni e interazioni genuine (così si spera). Non solo etica. Grazie alla nuova feature le aziende avranno accesso a una serie di insight riguardanti l’engagement creato da quel determinato post. Un plus non indifferente, lato misurazione e calcolo del ROI.
Influencer ed etica, non mancano casi virtuosi
Nella corsa a chi fosse più bravo a nascondere le partnership con Instagramer e opinion leader, non mancano comunque casi di studio controcorrente. Un esempio è la recente campagna promossa da Nautica per la sua linea di orologi. Un progetto che vede coinvolti alcuni instagrammer italiani e messicani e che ha da subito scelto la via della chiarezza con gli utenti.
In tutti i post appare l’hashtag #sponsoredpost, richiamo netto alla partnership commerciale che ha dato il via ai post. Una via ancora poco battuta dai brand, ma che va nella direzione di creare conversazioni positive e, soprattutto, relazioni. E senza sincerità è dura far nascere rapporti a lungo termine.
Gli scenari futuri
La diffusione dell’hashtag #ad anche tra gli influencer più noti e le nuove funzionalità di Instagram sono certamente un notevole cambio di paradigma per chi desidera cimentarsi in campagne di influencer marketing. Un’opzione che non pare più una scelta quanto un obbligo e che deve spingere i brand e gli esperti di settore a ripensare l’approccio che ha segnato le collaborazioni con infuencer fino ad oggi.
Al di là di chi già suona la requiem a queste forme di sinergia, sono molti ad avere più di un dubbio su questa improvvisa corsa alla trasparenza. I principali riguardano la perdita di credibilità e di autorevolezza da parte degli influencer, non più quelle persone esperte e indipendenti che dovrebbero essere (o meglio erano). Ma siamo sinceri: c’era davvero qualcuno che ancora pensava al ruolo super partes di queste figure? Un problema quindi più costruito che reale.
Qualche fondamento in più trova la preoccupazione di un possibile impatto negativo sulle performance dei contenuti postati. Preoccupazione, per esperienza, in parte reale. Ma come in qualunque altra attività digital non è mai una mera questione di numeri. Una perdita di qualche like che è ampiamente bilanciata dai vantaggi di un approccio etico e sincero nei riguardi di chi ci segue: la creazione di legami autentici.
A mio avviso dunque siamo ad una nuova e positiva alba dell’influencer marketing, una nuova era dove finiranno gran parte degli eccessi fin qui vinti e tornerà protagonista la qualità. Servirà creatività e volontà di dar vita a progetti davvero capaci di coinvolgere, perché sarà la capacità dei contenuti di rispondere alle esigenze dell’utente a fare la differenza.