La crescita vertiginosa delle campagne di influencer marketing porta con sé una sempre più rilevante attenzione data all’etica e all’uso corretto di questa tipologia di contenuti. Come ormai è noto l’influencer marketing non è una giungla, ma esistono da tempo regole e buone pratiche utili a dare trasparenza rispetto alle collaborazioni e quindi un corretto trattamento agli utenti, consapevoli di ciò che stanno guardando sulla loro feed (ne avevo già parlato in questo post).

Non è solo una questione di #ad, ma di riuscire a trasmettere in modo immediato quando un post è organico o nasce sotto la spinta di una collaborazione. Ne è passato di tempo (e di campagne) dal giugno 2016 quando l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) ha dato vita ad un codice di comportamento, la Digital Chart 1 (poi aggiornata nel 2017). Una serie di buone norme con lo scopo di regolamentare al meglio l’utilizzo dei contenuti realizzati con gli influencer.

Capire a che punto siamo, lato trasparenza, è fondamentale per comprendere maturità e caratteristiche del mercato italiano e, soprattutto, porre le necessarie azioni per migliorare ulteriormente questo aspetto che, seppur banale per molti, è indispensabile per chiarezza ed etica. A questo proposito ci viene in aiuto il report di Buzzoole, portando finalmente al tavolo dati concreti su cui confrontarsi.

Contenuti #ad: lo scenario

Sono stati ben 190.000 post in lingua italiana contenenti gli hashtag #Ad, #Adv, #sponsorizzato, #sponsored, #inserzioneapagamento, #prodottofornitoda, #pubblicità, #advertising. Post pubblicati da oltre 42.000 account con un monte interazioni pari 200 milioni. Numeri che ben dimostrano l’attenzione che finalmente c’è attorno al tema trasparenza. Interessante è anche la crescita continua mese su mese che i contenuti #ad stanno avendo, a sancire che la volontà ormai va, giocoforza, in quella direzione. Paura delle sanzioni, ma soprattutto la necessità di adeguarsi a competitor e brand di riferimento che mettono in atto tale pratica, rischiando di provocare gravi danni reputazionali a quelle aziende che agiscono nell’ombra.

post #ad italia

La maggior parte di questi post è stata pubblicata su Instagram (66,1%), da tempo IL canale di riferimento per l’influencer marketing. Lontani le altre piattaforme: Twitter (26,6%) e Facebook (7,3%). Numeri che diventano ancor più impietosi se valutiamo le interazioni prodotte con un netto 98,9% di Instagram. Dati che dimostrano ancor di più che #ad non fa rima con assenza di interazioni, anzi. Il vero problema è riuscire a dar vita ad un contenuto qualitativo e utile, plus che in molti casi bilanciano la natura commerciale della collaborazione.

I settori che vedono il maggior numero di post “trasparenti” sono il fashion (29,3%), il beauty (20,8%), accessories (13,4%) e il food/drink (13,2%). Una “classifica” rispettata anche lato engagement con la sola eccezione del food/drink sostituito dall’entertainment.

Parlando d’interazioni è Fedez l’influencer con le migliori performance su post trasparenti: la partenza con Alitalia per il matrimonio (+ di 650mila interazioni) e un contenuto con Diesel (oltre 620mila interazioni) dominano la scena.

I brand più etici

Molto interessante la sezione del report che, settore per settore, analizza i brand più “trasparenti”, che hanno cioè raccolto più interazioni con i post #ad. Andando nel dettaglio troviamo:

FASHION

  • Geox
  • Converse
  • Gaelle Paris

BEAUTY

  • Clinique
  • Equivalenza
  • Estee Lauder

ACCESSORIES

  • Daniel Wellington
  • Vogue
  • Swatch

FOOD/DRINK

  • Fitvia
  • Natural Mojo
  • Corona

Particolare attenzione merita il mondo food, con tra i brand più premiati alcuni dei più celebri utilizzatori dell’influencer marketing, utilizzo non sempre etico. Non sono infatti mancate polemiche negli anni su post di Fitvia e Natutal Mojo, non sempre così ligi alla comunicazione delle collaborazioni con gli influencer. Questa classifica ben dimostra quanto sia ormai premiante, anche lato performance, puntare su correttezza e chiarezza.

Conclusioni

Un report, quello di Buzzoole, che evidenzia una crescita senza precedenti dei post #ad e che ci prospetta un mercato sempre di più rivolto ad un uso “naturale” delle collaborazioni. Un approccio che troppo spesso è stato valutato come rischioso e limitante lato performance, ma che invece può portare enormi vantaggi alle aziende, puntando su elementi relazionali come la fiducia e la correttezza.

Ovvio che, la necessità di comunicare le collaborazioni e quindi la spinta commerciale che ne consegue, porta ad un netto cambio di direzione nella realizzazione dei contenuti: non basta più coinvolgere quell’influencer per avere impatto, ma è necessario lavorare in modo strategico e sinergico nella realizzazione di contenuti capaci di lasciare il segno nella propria audience di riferimento.

È possibile scaricare il report completo a questo indirizzo.