Utilizzare in modo strategico i video e farne uno strumento vincente per la comunicazione dei brand e il personal branding.
Anche il 2018 (come gli ultimi 3/4) sarà l’anno dei video. Scherzi a parte, il formato video è ormai un elemento essenziale nella strategia di comunicazione delle aziende, contenuti unici per migliorare visibilità, ma soprattutto il coinvolgimento degli utenti. Secondo Cisco, nel 2019 il 72% del traffico mobile sarà dato dai video online e 1/3 del tempo che viene speso online, viene usato per guardare e condividere video.
Un notevole impulso supportato anche dalle novità proposta da tecnologia e social stessi: dal costante miglioramento qualitativo delle riprese da cellulare all’avvento dei live, dei video 360# solo per citarne alcuni.
Ma si fa presto a dire “video”, molto meno a realizzarli nel giusto modo. Come qualsiasi risorsa non l’importante non è FARE, rincorrendo magari mode del momento, ma fare bene, andando a rispondere ai gusti e alle esigenze degli utenti e, quindi, portando valore al brand coinvolto.
Qualità non fa rima con HD
Sia chiaro, quando parlo di qualità non mi riferisco esclusivamente alla definizione del video o meri elementi tecnici. Certo, anche questi sono fondamentali, ma non bastano comunque a realizzare un video capace di avere impatto sugli tenti. Una grande produzione non è quindi sinonimo di successo.
Parliamo pur sempre di comunicazione e a far la differenza è, come nella maggior parte dei casi, l’idea. Prestare quindi attenzione al concept diventa vitale, sgravandoci in molti casi da investimenti giganteschi per la realizzazione. Se un’idea è buona lo è al di là del lato tecnico e della disponibilità del budget.
Mi vengono in mente lo spot girato da dei ragazzi per Adidas in forma privata, uno spot bellissimo dal punto di vista dell’idea proposta e che, nonostante la produzione non certo da serie A, ha spopolato su social e web. Lo spot è sì girato bene, anche tecnicamente, ma avrebbe emozionato in egual misura. Perché? Perché comunica qualcosa e lo fa col giusto tono di voce rispetto ai target e trasmettendo un forte senso valoriale del brand. Una leva che gioca sulle emozioni coinvolgendo l’utente.
A volte basta meno di quello che si pensa per dare forma ad un concept diverso e originale. Per me l’intuizione è stata giocare con i celebri elevator pitch delle startup e l’uso, eccessivo, degli ascensori come sfondo a selfie di persone più o meno famose. Da qui è nato #elevatorspeech, la serie video che ho lanciato con Open-Box. Una semplice telecamera, un montaggio snello che non mi costringe a troppo lavoro e uno sfondo ad arte realizzato da PressUp e il gioco è fatto. Mica tanto. Chiedete al customer care di PressUp quanti consigli mi hanno dato per raggiungere quel risultato. Se avessero mandato in stampa la mia prima richiesta, probabilmente non avrei scritto questo post.
Di lavoro ce n’è ancora tanto, ma credo di aver trovato la giusta chiave per utilizzare i tanti citati video senza cadere nell’ovvio. Vi terrò aggiornati su come andrà.
Differenziarsi è un obbligo
La grande visibilità e attenzione verso i video ha avuto il merito di dare un forte impulso al loro utilizzo, ma ha anche fatto nascere un susseguirsi di contenuti spesso discutibili, nella maggior parte dei casi realizzati scimmiottando gli esempi di maggior successo. Come non citare Marco Montemagno? Un vero precursore in tal senso, capace di dar vita a un format ottimo nella sua grande semplicità.
Il successo di Monty ha portato con sé una serie di fac-simile incredibili, video che non hanno nessuna chance di lasciare il segno. Lo dico spesso: avere un proprio stile è fondamentale perché aiuta a essere incisivi e a tenersi stretti i visitatori che trovano solo da te quel tipo di contenuto.
In tal senso mi piace segnalarvi Leonardo Prati, a mio avviso uno dei migliori in fatto di video. Anche per lui format semplice (#pigiamaprati), nessun eccesso, ma una grande capacità di sfruttare lo strumento per raccontarsi al meglio e rispondere alle esigenze degli utenti. Attraverso i live di #askleo si rende disponibile a rispondere in real time alle domande degli utenti. Nulla di nuovissimo concordo, ma la bravura di Leonardo è stata dargli una veste propria, facendo suo il classico schema del Q&A.
Budget e risorse sempre in vista
Bene la creatività, ma non dimentichiamo mai che realizzare video necessità di budget importanti, sia in termini economici che di risorse (persone e tempo). Inutile partire con una strategia video se non abbiamo il “fiato” per finire la corsa, magari dovendola interrompere dopo qualche Km. Perché una strategia di video marketing sia davvero capace di creare interesse e interazione è importante mantenere una buona frequenza. Idem per la qualità: non possiamo permetterci che scenda col passare delle “puntate” realizzate, magari a causa delle risorse risicate.
Almeno un paio di video al mese sono la base per poter pensare di generare impatto con questo tipo di attività.
La durata giusta fa tutta la differenza del mondo
La durata è una delle maggiori discriminanti perché un video sia performante. È in questo non comandano l’esigenze dei brand (che puntano sempre a video lunghissimi per far vedere tutto e di più) quanto il parere degli utenti. Sui social l’abitudine è ormai a video con durata molto breve. La filosofia è di fare più puntate, ma tutte molto rapide così da adattarsi bene anche alle caratteristiche richieste da Instagram e Twitter.
M anche qui non c’è una regola, bisogna sempre fare test e misurare. Gli insight che ne derivano sono fondamentali per dirigerci nella giusta direzione. Ogni canale ha proprie caratteristiche: s secondo un’ottima ricerca di Valentina Vellucci, su Facebook, ad esempio, performano video sotto il minuto, su Youtube, invece, funzionano (per abitudine e ricerche) quelli oltre il minuto. Una differenza legata alle finalità: da una parte intrattenimento, dall’altra trovare risposte alle proprie necessità (leggasi How to).
Non è questione di prodotto quanto di relazione tra esso e l’utente
Dobbiamo pensare sempre human oriented, creando contenuti che mettano al centro l’utente e che sappiano stimolare curiosità, interesse, emozione e spingere conseguentemente all’azione. Il tanto abusato storytelling, funziona se fatto bene. Un racconto che deve essere in grado non solo di raccontare azienda e prodotto, ma soprattutto immergere che guarda nel loro universo e generare relazione.
È importante lavorare sulla customer journey map in modo da facilitare la strategia comunicativa in ogni fase del funnel di vendita. Solo così possiamo essere strategici e far sì che i nostri video portino reali vantaggi.
Quando pensiamo all’utente immaginiamo anche come utilizzerà i video, creando prodotti in grado di agevolarne la fruizione. Anche nei video l’usability conta.
Dove vai se l’advertising non lo fai
Le sponsorizzazione legate ai video sono una realtà troppo importante per non essere considerate. Con la scarsa visibilità organica dei principali social sarebbe inoltre stupido investire grandi risorse e creare contenuti ottimi e non spingere perché sia visualizzati.
Il video advertising è in grande crescita e sono ormai molte le opportunità che possiamo sfruttare. Il CTR medio per un annuncio video è nettamente superiore a qualsiasi altra piattaforma digitale. Ovviamente si parte da Facebook e Youtube, le piattaforme più utilizzate lato video e che mettono a disposizione ampie features lato adv. Per il B2B non dobbiamo certo scordare LinkedIn, anche se i costi sono spesso difficilmente gestibili.
L’arrivo di Facebook Watch
Annunciato ad agosto 2017 e in fase di rollout per parecchio tempo, Facebook Watch permette ai publisher (per ora pochi e selezionati) di avere una nuova piattaforma, per lanciare video esclusivi, favorendo il rapporto con il pubblico pubblico. Una sorta di Tv fruibile live ma anche on demand, che permetterà agli influencer di monetizzare attraverso le pubblicità da inserire nei video.
Una gran bella novità che nel 2018 arriverà anche da noi (per ora è utilizzabile solo negli USA) e che darà un ulteriore slancio all’utilizzo dei video. Per capire meglio come funziona Facebook Watch vi consiglio questo post del buon Matteo Bianconi.