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Scritto ascoltando: Francesco De Gregori – La leva calcistica della classe ’68
Oggi ho la fortuna di ospitare un vero amico sul blog: è competente, usa Snapchat come non ci fosse un domani, è simpatico, parla di sport e se non bastasse, è uno dei bellocci del digitale italiano. Sì, sto proprio parlando del buon Cristiano Carriero!
Battute a parte, Cristiano è da anni una delle figure più interessanti nel campo della comunicazione social e web. Esperto di content e storytelling è, a mio avviso, una delle migliori “penne” di quelle che si possono leggere online. Un professionista che ha voglia di mettersi in gioco sempre, fatto ben dimostrato dal suo rapido avvicinamento a Snapchat.
Autore per Hoepli di numerosi volumi ho deciso oggi di fargli qualche domanda proprio riguardo al content marketing, una risorsa di cui si straparla, nella maggior parte dei casi in malo modo.
Parlare oggi di content, devo dire, fa strano. Ci credo e ci ho sempre creduto, sia chiaro, ma col tempo è un termine che si è notevolmente inflazionato, utilizzato non sempre correttamente dai più. Una sorta di cliché per fare “fuffa”.
Hai ragione, non è semplice. Perché i contenuti sono ovunque e la vera battaglia da vincere è quella dell’attenzione. Oggi fare Content Marketing non vuol dire “scrivere” ma trovare il messaggio giusto, al momento giusto e sul media giusto. Misurando attentamente le azioni: da una parte c’è lo sforzo per arrivare a produrre un contenuto (testo, video, infografica o podcast che sia), dall’altra c’è la reach raggiunta. E sappiamo benissimo che oggi per raggiungere un pubblico di rilievo dobbiamo sfruttare contenuti di valore sì, ma anche la possibilità di sponsorizzare quegli stessi contenuti.
Assolutamente. Già la nostra generazione non ama più essere interrotta. Figurarsi i Millennials, i più giovani. Essere interrotti è fastidioso, e si rivela un boomerang per le aziende che continuano a farlo. Raccontare una storia è più efficace, genera un valore che dura nel tempo e consente alle imprese, ai servizi e ai prodotti di essere ricordati. I consumatori, connessi 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 grazie ai loro smartphone, possono decidere con un semplice click di ignorare, momentaneamente o definitivamente, le informazioni che inviamo loro. Come possiamo attirare la loro attenzione? Creando contenuti di valore e trasmettendoli al nostro pubblico al momento giusto, con le giuste modalità, sul giusto device.
Dobbiamo distinguere il media. Prendiamo Google e Facebook. Su Google l’utente sa già cosa cerca. Conosce già le parole chiave o i concetti, la sua ricerca è consapevole. Possiamo parlare di domanda consapevole, generica o specifica che sia. Facebook agisce invece su una domanda latente, un bisogno che il più delle volte non sappiamo di avere, a meno che non si tratti di un remarketing. In ogni caso, su Facebook, non facciamo ricerche (non per ora, almeno finché il Graph Search non diventa altro) e quindi siamo disposti a recepire informazioni più che promozioni. Direi che questa distinzione ci porta a lavorare su due piani completamente differenti. Aumenta le potenzialità, come dici tu, ma anche i rischi ovviamente.
I numeri dicono che oggi i contenuti sono principalmente video. Ovvio che le parole (io sono laureato in lettere tra l’altro) sono una componente essenziale per il discorso SEO e ricerca, ma anche perché prima di farne a meno dovranno passare secoli, credo. Detto questo, un piano di content marketing completo prevede podcast, infografiche, video live, mini video e per crearlo bisogna partire essenzialmente da due elementi: le personas (il vecchio target) e i valori dell’azienda.
“Sedurre” è il termine che uso nel sottotitolo del libro ed è quello che amo di più. I verbi che hai usato tu sono tutti validi a seconda del business. Da un prodotto food mi aspetto che mi emozioni, da un viaggio che stupisca, di un servizio che sia utile. Ma è anche vero che andando a scavare nei valori tutto questo assunto può cambiare. Chi avrebbe mai detto che un telefono avrebbe emozionato? E tutto è partito da una presentazione. Infatti, le presentazioni, sono uno dei contenuti su cui le aziende dovrebbero puntare maggiormente. Lo diciamo (io e Luca Conti, il co-autore di Content Marketing) anche nel libro in un capitolo dedicato.
Grandi aziende ti direi Eni, per come usa i vari canali e distribuisce contenuti di valore e Fiat per la user content generation. Nel libro cito anche come esempi efficaci Buitoni e Betclic, che ha creato un magazine calcistico/ sportivo. Per quanto riguarda medie aziende ti segnalo il gruppo San Marco che vende piscine fuori terra e applica una strategia di content per portare gli utenti sull’e-commerce.
Il content marketing è una sfida che richiede una strategia a lungo termine e obiettivi misurabili; i suoi effetti non sono immediatamente visibili. È il presente e il futuro del marketing, e il suo impatto è destinato ad aumentare nei prossimi anni. È facile prevedere come le aziende stanzieranno budget più elevati per la produzione dei contenuti, riorganizzeranno le proprie strutture interne dotandosi di professionisti capaci di scrivere e pubblicare, impareranno a sfruttare al massimo le nuove tecnologie digitali e a misurare l’impatto del content marketing sul proprio business. I contenuti aiuteranno i brand a differenziarsi e a interagire con la propria clientela, aumentandone coinvolgimento e fidelizzazione.
Le aziende in grado di cogliere l’importanza e valorizzare il ruolo del content marketing all’interno della propria strategia di marketing dovranno continuare ad affinarne gli strumenti, trasformando questa buona pratica in una vera e propria filosofia a cui tendere.
Yes, te ne do tre:
1. Non è un libro noioso. Spesso i libri che trattano di business la tirano troppo per le lunghe. Per il nostro libro abbiamo scelto un formato agile, manualistico. Potete saltarne alcune parti, leggerlo a pezzi, posarlo e riprenderlo, a seconda delle vostre necessità e della curiosità.
2. Diamo un contesto di riferimento. Spesso, per illustrare i concetti esposti, ci rifacciamo al mondo della letteratura e del giornalismo. Entrambi proveniamo da questi settori, che conosciamo a fondo e nel quale ci siamo formati. Allo stesso tempo crediamo che il marketing possa imparare molto dall’arte e dallo stile dello storytelling, così da come si scriva un buon articolo.
3. È pieno di esempi pratici. Pensando allo sviluppo del libro non ci siamo limitati a cercare casi di successo, ma abbiamo preferito alzare il telefono e chiamare queste realtà, invitandole a raccontarci la loro storia, condividendo con i lettori strategie, piani di azione e obiettivi raggiunti.