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Scritto ascoltando: Florence & The Machine – Queen of Peace
Oggi torno ad ospitare un’amica nel mio blog. Una professionista che stimo e seguo e che sono certo darà un “tocco” di stile a matteopogliani.it. Esperta di marketing, ma anche e soprattutto di fashion, Valentina Castelli è questa, una continua fucina di sorprese. Impegnata in mille progetti diversi, sempre pronta ad accettare una sfida nuova.
Tanta esperienza e contatti nel mondo del fashion ne fanno un riferimento quando vogliamo avvicinarci a questo campo, ancor di più se vogliamo farlo lato comunicazione digitale. Un insider che ci può davvero raccontare concretamente ciò che spesso si nascondo dietro abiti sartoriali e look da urlo. Dato l’ambito mi è venuto spontaneo parlare con lei degli influencer nel mondo moda, protagonisti più o meno voluti di questo che spesso prende la forma di un vero circo mediatico.
Ciao Matteo, stamattina sono arrivata prima in redazione per risponderti con calma e sulla mia scrivania spicca il tuo “Influencer Marketing” arancione (colore rivelazione della ss 2016, dillo che hai studiato le tendenze) quindi sono io a dover ringraziare te.
Amo definirmi con l’immagine della matrioska perché, in una sola giornata, rivesto contemporaneamente diversi ruoli in quattro settori differenti: sono una social media strategist freelance, una redattrice moda, una speaker in radio e una produttrice discografica. Mi sono laureata in marketing sei anni fa e ho iniziato come Junior Internet Marketing in un’azienda di calzature (vivo in uno dei distretti calzaturieri più importanti del nostro Paese) e qui e in altre realtà della zona ho imparato e imparo ancora oggi tantissimo sui prodotti di moda, sulle loro caratteristiche e su quanto sia difficile coniugare un settore tradizionale a tutte le novità che ogni giorno arrivano dal mondo della comunicazione.
Questo mi ha permesso anche di essere notata da alcuni redattori e diventare collaboratrice di vari blog, testate e redazioni (tuttora sono responsabile della sezione moda di un free press regionale) tra le quali Leonardo.it e TheItalyStyle.com – per quest’ultima curo da un anno la rubrica sul made in Italy.
Quelle della radio e della musica sono due passioni fortissime che mi aiutano tanto anche nella mia professionalità perché mi trovo spesso a confrontarmi con persone dall’altra parte del mondo imparando ogni giorno qualcosa di nuovo. Sì, la curiosità non mi manca.
Ah, dimenticavo: nella “social sfera” sono conosciuta come Tina Telli che è l’abbreviazione di nome e cognome molto lunghi.
L’influencer nel mondo della moda è, prima di tutto, un innovatore, cioè qualcuno che riesce a creare per primo uno stile inconfondibile. Stile che lo fa riconoscere ed emergere e che lo porta ad avere una sua credibilità. Ogni grande influencer di moda ha un suo stile molto preciso che lo differenzia in modo netto dagli altri influencer e dalla massa stessa dei consumatori. Per stile non intendo solo modo di abbinare accessori e outfit, bensì stile nel parlare, nello scrivere, nel recensire un prodotto, nello stare nei social. Vedo blogger copie di altri blogger che si definiscono “influencer” perché hanno molti followers e sorrido perché per me non è così. Sei influencer nel momento in cui fai qualcosa per primo e i tuoi followers si aspettano solo ed esclusivamente una linea da te. Quando sei in grado di modificare le opinioni altrui, ecco, lì diventi un influencer vero.
Ovvio (per noi, ma per molti clienti no) quanto sia inutile scegliere una figura “digitale” che non abbia abilità di PR e, soprattutto, nessun contatto con la stampa, così come utilizzare un vero e proprio PR senza alcuna competenza digital.
Questione delicatissima perché oggi tutti vorrebbero essere influencer ed è sempre più difficile confrontare due tipi di recensioni su un prodotto se non si conosce molto bene il trascorso di quel blogger/youtuber/instagramer.
Di sicuro, come ho detto sopra, l’influencer che andiamo a scegliere deve avere una sua nicchia specifica di followers fedeli che gli credono e si fidano al 100% anche nel momento in cui capiscono che il post del giorno è “sponsorizzato”. Anzi, proprio per questo motivo, questi ultimi si sentiranno più a loro agio a fare domande ed entrare in contatto con il nostro brand, avendo un tramite garantito.
Lavorare con un influencer è molto rischioso perché ci dobbiamo muovere al contrario: prima studiare chi sono i followers di tale persona e come interagiscono con lei e, solo allora, affidare all’influencer prescelto l’attività a cui abbiamo pensato per lui.
Penso ad instagram dove un marchio di moda non solo è in grado di mostrare i propri prodotti, ma anche di vendere un vero e proprio stile di vita. Ecco, in questo caso lo stile di vita che io voglio vendere deve essere assolutamente in linea con lo stile di vita dell’influencer scelto.
Un esempio testato sulla mia pelle è un e commerce di calzature artigianali made in Marche che ha voluto me come tester e come creatrice di contenuti che andassero a spiegare tutte le caratteristiche tecniche di un prodotto “made in Italy” perché volevano un profilo perfettamente in linea con la loro filosofia del “compro meno, ma di qualità” e io da sempre supporto questa causa negli articoli che scrivo. Di conseguenza non è stato difficile, per me, farmi credere.
Il grande problema, invece, con il quale mi trovo spesso a fare i conti da consulente è che molti brand di moda non conoscono la loro filosofia, ciò che sono dentro e si lanciano nel web perché “bisogna esserci”. Paradossale, lo so. O meglio: ad alcuni non importa proprio sapere chi sono. Se non conosci i valori del tuo marchio puoi ingaggiare il più famoso dei fashion influencer e i risultati saranno disastrosi perché sarà come inviare un messaggio nell’universo aspettando una risposta che, nel migliore dei casi, arriverà da sconosciuti di cui non sai nulla.
In breve, la chiave “segreta” è dentro la nostra azienda, non fuori e occorre trattare un influencer come un amplificatore di un messaggio che noi abbiamo già confezionato, non come il portatore di un miracolo nelle vendite.
Per chi crea un prodotto qualitativamente perfetto che deve essere raccontato, testato, annusato (l’odore di una pelle di qualità è completamente diverso da quello di una pelle made in China) puntare solo sull’emulazione dando la borsa al vip di turno è un vero suicidio.
Se penso invece alle grandi catene del fast fashion, sono d’accordo sul far indossare un capo ad un cantante molto famoso (esempio) e attendere che la “massa” lo imiti perché siamo di fronte ad un prodotto che non ha nessuna caratteristica qualitativamente rilevante e, spesso, è davvero confezionato “da cani” (scusa, è l’unica espressione che riesco ad usare) quindi ha bisogno di avere un’aurea molto luminosa intorno.
Anche qui è una questione di credibilità: Puma non perde credibilità facendo disegnare la collezione a Rihanna, anzi, ne esce rafforzato perché lei rispecchia in pieno i valori del brand e siamo di fronte a prodotti che non vanno spiegati, ma per la massa.
Un marchio di borse artigianali perderebbe decisamente tantissimi punti facendo la stessa cosa.
Da sempre, con i miei articoli, mi impegno a creare e far crescere “consumatrici consapevoli” perché il pericolo più grande dell’emulazione è che la persona che sta indossando quell’accessorio non si ricordi nemmeno il nome del brand nel momento in cui l’idolo di turno cambia e passa ad un altro marchio.
Lo ammetto, è dura spiegare che nell’armadio è meglio avere un prodotto unico che nessuno indossa (nemmeno il vip di turno) piuttosto che essere bambole in serie, ma io ci provo ogni giorno.
Nella moda del 2016 nulla è oggettivo, soprattutto oggi in cui “ogni cosa è moda”. Il consumatore è continuamente bombardato da collezioni che si susseguono ad un ritmo vertiginoso (vedi Burberry che mette in vendita la collezione della sfilata il giorno stesso dello show) e ha bisogno di punti cardine attraverso i quali orientarsi. Ben vengano influencers in grado di raccontare, con la loro personale visione, il marchio e la sua differenziazione rispetto agli altri brand.
Sono sincera. Ogni volta che un cliente mi chiede di scovare un influencer o presunto tale ho gli incubi perché ogni persona ha le sue esigenze, metodologie di lavoro, budget e capita di stare giorni e giorni con la “lente d’ingrandimento” cercando di capire quale sia il più adatto per lavorare insieme.
Vero è che imparo ogni volta cose nuove e una delle persone che mi hanno davvero contagiato per modi di fare e approcciare il lavoro è Cristiano Rinaldi, direttore creativo del brand “Yes I am”.
Cristiano è molto seguito nella social sfera perché spontaneo, ma molto competente e coerente con ciò che dice.
I “seguaci” non sono stupidi (ho scoperto l’acqua calda, lo so) e la coerenza tra quello che dici e quello che poi fai e dimostri si nota subito, soprattutto quando parli di un prodotto moda.
Per me lui è un opinion leader vero e proprio (so già che non sarà d’accordo con la mia definizione perché è una persona molto umile).