Il comparto del lusso resta una delle industrie più ricche e fiorenti del mondo. Fashion, cosmesi, viaggi, settori trainanti che hanno molto da investire e, soprattutto, da comunicare. Settori che non sono restati a guardare il crescente interesse per l’influencer marketing e che, anzi, sono realtà trainanti in questo senso.
Non c’è da stupirsi. Le tematiche legate al lusso si prestano bene e sono tra quelle che maggiormente necessitano del coinvolgimento degli utenti, di essere in qualche modo umanizzate. Se infatti fino a poco tempo fa la scelta era quella di essere volutamente distanti, quasi inarrivabili, così da rimarcare l’inarrivabilità di questi brand e dei loro prodotti, oggi è necessario anche per i luxury brand riuscire ad essere più coinvolgenti e driver di conversazioni.
Una recente indagine su marchi del mondo fashion e beauty realizzata da Monitor/Econsultancy ha confermato che il 57% degli intervistati ha attivato una strategia di influencer marketing. Il 78% gestisce tali attività in house, scelta degli influencer compresa. Una sfida gravosa quella della selezione, momento chiave per il 73%.
La valutazione se gestire internamente o affidarsi ad agenzie esterne è il primo passo da fare. Un passo che condiziona tutti i processi seguenti, differenziando molto attività e risultati. Sia ben chiaro, non c’è una scelta giusta o sbagliata, ogni situazione è diversa e può consigliare una delle due soluzioni. Come aiutarsi in questa delicata decisione? Ecco qualche riflessione:
- L’azienda ha esperienza (anche minima) nella gestione degli influencer? Da quanto? parliamo di rapporti umani, conoscenza ed esperienza sono elementi fondamentali per riuscire a coinvolgere gli utenti selezionati ed evitare errori. Se siamo alle prime armi è giusto guardarsi in faccia ed ammetterlo (non c’è nulla di male), cominciando con l’aiuto di esterni a fare esperienza.
- Quali sono gli obiettivi prefissati? Che criteri di selezione volete privilegiare? L’outreach, come detto, è la parte più complessa. Comprendere bene dove e come si vuole arrivare alla meta fissata è vitale. Qualità, capacità di engagement, geolocalizzazione sono solo alcuni dei punti da non perdere mai di vista. Siamo certi di riuscire a realizzare un processo di selezione ottimale? Abbiamo gli strumenti giusti? C’è la sensibilità ed il knowhow per non fermarsi a follower e like?
- Siamo in grado di valutare appieno l’andamento della campagna e l’eventuale ROI? Comprendere i risultati di una campagna di influencer marketing è spesso cosa complessa, legata ad elementi che sono analizzabili solo tramite strumenti appositi, strumenti che non sempre le aziende possono avere internamente. Inutile realizzare un progetto se poi non si ha la possibilità di verificarne adeguatamente i risultati.
I brand del comparto luxury sono spesso “schiave” del loro stesso status. Hanno prodotti talmente eccellenti e sognati dagli utenti che si “accontentano” del minimo sindacale, pubblicando sui social semplici foto. Non c’è ancora troppo spazio per attività più complesse che puntino a coinvolgere maggiormente l’utente. Prendete le grandi maison della moda, ad esclusioni di poche sui social è un continuo riproporre immagini davvero poco creative, esclusivamente legate alla “forza” reputazionale del prodotto. Qualche scatto rubato dalla sfilate pare già una rivoluzione.
Per l’influencer marketing è, molto spesso, la stessa situazione. Basta un prodotto omaggio con relativa foto o un tour con annesse pubblicazioni social ed il gioco è fatto. Sì, nulla di male certo, ma non è certo la migliore strada per valorizzare le capacità degli influencer. Gli utenti di oggi vogliono di più, pretendono di più. Sono curiosi, ricercano informazioni e vogliono informarsi. Hanno “fame” si conoscenza, quella stessa che diventa fondamentale per l’acquisto. Questo succede sempre di più anche per i prodotti di lusso. Non basta la fama o l’emozione di aver acquistato un prodotto “irraggiungibile”.
Proprio per questo serve volontà di creare progetti nuovi, immersivi, che puntino a valorizzare le qualità dell’influencer. La volontà di raccontare e trasmettere l’emozione dell’experience diventa perciò decisiva. Lavorando insieme si riesce a dar vita ad attività capaci di essere più coinvolgenti e quindi performanti. Alcuni esempi? Eccoli:
- Creare dei lookbook personalizzati dagli influencer, un modo per dare differenti interpretazioni dei capi creati.
- Coinvolgere utenti dalla spiccata competenza per creare capsule collection.
- Dare in consegna gli account social per un paio di giorni ad un influencer, così da rompere gli schemi usuali e dare vita a contenuti più originali e d’impatto, dando maggiore freschezza alla feed.
- Tour dedicati per mostrare nuove linee, soprattutto, i processi interni all’azienda per renderla più umana da un lato e dall’altro dare uno spezzone di cosa accade all’interno della “fabbrica dei sogni”. Provate a pensare: mostrare i processi creativi di uno stilista o un test della nuova Lamborghini. Non male, vero?
Esempi che nella loro essenzialità restituiscono, almeno in parte, le potenzialità a disposizione delle aziende. Senza scordare che per queste realtà coinvolgere figure (anche importanti) è alquanto più semplice rispetto ad altre aziende. No, non parlo tanto di budget (un elemento che comunque conta) quanto della loro reputation e del fascino che ancora hanno, leva a cui la maggior parte degli influencer possono resistere.
Nonostante ci sia da lavorare molto non mancano esempi rilevanti riguardo a campagne di influencer marketing. Ho deciso di segnalarvene alcuni, quelli a mio avviso più adatti a spiegare concretamente quanto fin qui detto.
- Emeregildo Zegna e The Sartorialist: il noto brand italiano ha affidato il lancio della collezione spring/summer 2014 al celebre blogger/fotografo. Un progetto che non solo ha aperto al marchio una nuova e pienamente in target audience, ma ha aiutato a dare un’immagine più contemporanea e “urbana”.
- #SwarovskiLook: quattro blogger internazionali coinvolte da Swarovski per aumentarne l’appeal globale tra tutorial e used generated content
- Guerlain: una campagna che vedeva coinvolte 7 blogger di un marketplace di influencer, Style Coalition. Obiettivo mostrare la varietà e la qualità dei prodotti ed, in particolare, utilizzare gli influencer come driver per raggiungere nuovi segmenti di mercato.
- Hugo Boss #MasterTheLight: il brand tedesco cala alcuni tra i più inmportanti influencer del mondo fashion per il lancio della sua nuova linea di occhiali. Bryan Yambao, Rumi Neely e Mariano di Vaio, vi bastano?
Le potenzialità, come letto, non mancano. Serve solo più programmazione e la volontà di rendere questi progetti strategici per la comunicazione del brand. Saranno pronti i brand? Vedendo l’incremento ed il continuo nascere di campagne sempre migliori direi di sì. Sono troppo rilevanti i risultati che gli influencer (quando coinvolti nel modo giusto) danno, risultati a cui le aziende non possono più rinunciare alla leggera.