Il 2020 e il lockdown potevano intaccare il ricorso a influencer e creator da parte dei brand, ma così non è stato. Abbiamo anzi assistito ad una forte accelerazione nell’attivazioni di campagne di influencer marketing.
Ce lo dice il percepito, ma ancor di più i numeri. I report mensili dell’ONIM (Osservatorio Nazionale Influencer Marketing) che indagano i post sponsored su Instagram, principale canale utilizzato per l’IM, ci raccontano una crescita costante dal post lockdown in poi, arrivando nello scorso dicembre ad oltre 30mila post nati in collaborazione. Un numero per certi versi sorprendente. Ma forse non troppo.
La vita in “smart”, il crescente peso di nuovi canali come TikTok e Twitch, ma ancor di più il ruolo e la comunicazione intrapresa dai creator sono sicuramente alcune delle motivazione per spiegare, almeno in parte, tutto questo.
Novità che dimostrano quanto sia vivo l’influencer marketing è quanto ancora possa evolvere, abbracciando magari situazioni nuove (es: avatar e influencer virtuali).
Ma quali saranno i trend o le principali novità che caratterizzeranno questo 2021? Vediamoli insieme.
Autenticità e creatività i principali driver
Il report Coronavirus e Consumatori digitali in Italia realizzato da Globalwebindex e The Fool ci dà insight chiari in questo senso, confermando quanto siano mutate le abitudini degli utenti e, conseguentemente, lo scenario in cui gli influencer operano. L’88% degli intervistati dichiara infatti di approvare i brand che forniscono informazioni pratiche e consigli utili per affrontare la situazione, mentre il 73% la condivisione di video o contenuti divertenti e spensierati per intrattenere le persone.
Utilità e intrattenimento, due facce della stessa medaglia, in antitesi, ma perfettamente idonee alla nuova scala di priorità di un’audience che ha dovuto rivoluzionare il proprio modo di vivere offline, prima ancora che online.
Autenticità che fa rima con toni più bassi, con un ritorno ad un racconto di sé che tanto caratterizzava i primi blogger/influencer e che trova spazio in contenuti come le Stories e i live, perfetti per questo tipo di storytelling. I social che tornano ad essere strumenti di dialogo e relazione.
Se la sfida principale per gli influencer è stata da una parte l’autenticità (soprattutto nelle Stories), dall’altra è stata la necessaria rincorsa alla creatività, alla capacità cioè di dar vita a contenuti originali e idonei a generare impatto coinvolgendo gli utenti e spingendoli a interagire. Il Covid ha sicuramente il merito di ridare valore al termine creator, sottolineandone la fondamentale capacità di creare contenuti, una capacità che ne diventa il principale plus da offrire all’audience e, quindi, per posizionarsi online. Un passaggio, o forse un ritorno, da influencer a creator, dal protagonismo dell’autore a quello del messaggio proposto.
Va in questa direzione la crescita di TikTok e l’approdo di molti influencer Instragram e YouTube in piattaforma o l’utilizzo dei Reels, contenuti che fanno dell’intrattenimento e dell’originalità l’elemento essenziale.
Una polarizzazione autenticità-creatività che può sembrare “anomala”, ma che in realtà trova basi concrete in quei principi di utilità e di intrattenimento fin qui discussi e che ha un unico e fondamentale punto di congiunzione: il contenuto e la sua capacità di rapportarsi con il pubblico per cui è stato pensato. Un perfetto esempio di ciò sono le TikTok house, luoghi di convivenza tra TikToker in cui sperimentare, creare, condividere. Un trend, questo, che ha preso sempre più piede negli Stati Uniti e che diventa per i creator un modo nuovo di proporsi agli utenti, ma anche e soprattutto ai brand attratti da contenuti originali su piattaforme ancora nuove, con linguaggi e grammatiche per loro ancora difficilmente comprensibili.
Il contenuto che “influenza”
Un comeback che riporta indietro ad anni fa, a quando il contenuto, nelle sue diverse forme, era il principale carburante che muoveva il personal branding e, di conseguenza, il processo di posizionamento di chi comunicava online. Era proprio attraverso il contenuto che gli utenti conoscevano il creator e potevano costruirsi un’opinione su di lui, andando a plasmare l’online reputation dello stesso. Si era ciò che si pubblicava, anche se questo era una rappresentazione lontana dalla vita reale e su queste basi si veniva giudicati, apprezzati, seguiti. Un patto creator-follower strettamente dipendente dalla qualità della proposta e dalla sua capacità di essere utile, insegnando, consigliando, divertendo.
Il personaggio era quindi una diretta conseguenza del contenuto: più questo era di qualità, maggiore era la notorietà guadagnata dall’individuo. Un processo che era andato in corto circuito negli ultimi anni, evidenziando nel medio-lungo periodo limitazioni. Un downgrade che ha segnato anche le collaborazioni con i brand, spingendo questi ultimi sempre più verso kpi superficiali e di visibilità, tralasciando in molti casi elementi essenziali come la creatività e la qualità dei contenuti prodotti, la brand affinity, la reputation.
Fama e notorietà non bastano più, ponendo gli influencer online di fronte, di nuovo, alla necessità di offrire non solo se stessi, ma prima ancora contenuti in grado di dare un valore aggiunto a chi ne fruisce. Un cambio di pelle non certo per tutti e che, se da una parte ha privilegiato per tutto il lockdown chi aveva da tempo concentrato il focus sui contenuti e su questi aveva basato posizionamento e legame con la propria fanbase, dall’altra ha registrato diverse crisi reputazionali su chi, come le celeb, si è trovato per la prima volta a dover comunicare e trasmettere un reale messaggio.
Una questione anche e soprattutto di know-how, elemento essenziale per una content strategy qualitativa e per dare il supporto richiesto dagli utenti durante il periodo a casa. Competenza che ritroviamo nelle lezioni di cucina, nei training per restare in forma, nelle serie tv da vedere e che si sono dimostrate determinanti per rafforzare non solo la visibilità dei creator, ma ancor di più il rapporto con gli utenti.
Una riscoperta del contenuto che porta con sé una doverosa riflessione anche sul concetto di contesto, lavorando cioè sulla creazione non solo di contenuti qualitativi, ma di un vero e proprio “ambiente” in cui il fruitore dei contenuti possa orientarsi con facilità. Una verticalità che potrebbe sembrare limitante, ma che invece diventa mezzo per valorizzare le competenze e favorire un posizionamento chiaro agli occhi dei potenziali follower.
Lunga vita ai brand content
Un corollario del punto precedente. In un mondo in cui cresce la rilevanza dell’enterteinment i brand content diventano ancora più strategici. Contenuti di qualità capaci di raccontare in modo migliore, più profondo, più coinvolgente marca e prodotto.
Contenuti che spesso vedono coinvolti in fase di realizzazione gli infuencer che continuano la loro evoluzione da semplice contenitore in contenuto.
Influencer marketing = Performance marketing
I budget destinati alle campagne di IM continuano a crescere, diventando in molti casi estremamente rilevanti. Ne consegue la necessità di andare oltre la sola awareness, ma di riuscire a farli diventare leva per risultati concreti, per generare conversioni.
Sempre più attenzione quindi alle attivazioni dei creator e a renderle capaci di portare traffico, orientandosi conseguentemente sull’utilizzo massimo delle Stories e degli swipe-up.
Una novità che tocca gli influencer anche lato remunerazioni. Iniziano infatti ad essere spesso richieste forme di pagamento a risultato.
Social shopping
L’attenzione alla conversione porta ad una maggiore richiesta di rendere i social canali di vendita diretta. Un perfetto esempio in tal senso è l’evento che ha visto coinvolta Chiara Ferragni per Lancaume.
Un qualcosa su cui i diversi social lavorano e che, in molti casi, è realtà. Basti pensare alle nuove features di Instagram che permetteranno di effettuare vendite direttamente durante i live. Un modo per giocare sull’impulso del momento, la scarsità e, soprattutto, sulla credibilità dei creator. Sì perché in tale approccio i creator diventano le figure ideali per dare un volto a queste televendite 4.0.
Paywall = relazioni più strette e nuove forme di remunerazione
Crescono i tentativi da parte dei creator di trovare piattaforme alternative per veicolare i propri messaggi, generando di conseguenza livelli di contenuto diversi e paralleli. Questi canali (es: Patreon) permettono agli influencer non solo di avere remunerazioni aggiuntive, ma soprattutto formare una alpha audience più connessa e con un rapporto più profondo.
I social “classici” per creare un primo interesse e grado di relazione, i paywall per un livello successivo.
Emanciparsi, in parte, dalle sole collaborazioni con i brand può incidere sulle collaborazioni, portando i creator ad avere più libertà di scelta e azione, ma ancor di più a poter diminuire i contenuti commerciali.
Gaming e virtualità
Il gaming e tutto ciò che gli gira intorno è ormai un punto fermo per gli utenti e quindi per i brand interessati a questa nuova frontiera di visibilità e relazione. Game che sono veri e propri universi paralleli che riproducono gran parte della socialità e di tutto quello che viviamo nella realtà. Basti pensare alle linee di abbigliamento dei brand del lusso (Louis Vuitton, Ralph Lauren) con cui è possibile personalizzare i propri avatar.
Realtà alternative che andranno ulteriormente esplorate e che diventeranno ulteriore terra di “influenza” per i creator e conseguentemente i brand.
Esempio sono la serie di concerti su Fortnite che vede coinvolti personaggi del calibro di Travis Scott o BTS.
Influencer Virtuali
Non certo una novità, anzi. Sono ormai molti e conseguiti importanti e ancor più rilevante un fortissimo impatto alto marketing e comunicazione. Non ci credete? Durante il lockdown persino l’OMS si è affidata a due di loro (Know Frost e Miquela) per veicolare messaggi sulle norme per salvaguardarsi dalla pandemia.
La tecnologia rende sempre più facile poter creare figure digitali credibili e di livello, rendendole accessibili. Un elemento che può spingere i brand a valutare la creazione di un proprio avatar sulla base delle caratteristiche delle proprie buyer personas e capace di rappresentarlo e creando uno storytelling parallelo a quello “ufficiale” e con un grado di credibilità maggiore.
Creator e advertising parte del medesimo ecosistema
L’uso dell’advertising a sostegno dei creator non è certo cosa nuova. Un modus operandi fatto sia per massimizzare i risultati che di bilanciare il crescente impatto negativo dell’algoritmo e la conseguente calo delle visualizzazioni organiche.
Ma c’è di più. Molte piattaforme, TikTok in primis, hanno capito questo legame e lo ha reso sempre più stretto, mettendo a disposizione dei brand delle features che vanno proprio in tale direzione.
Basti pensare alle challenge brandizzate in cui è possibile coinvolgere talent “ufficiali” per spingerli. TikTok stesso incoraggia l’utilizzo dei contenuti dei creator come base per l’adv, vista la loro coerenza a livello di stile e tono con la piattaforma e i gusti degli utenti.
Canali: la conferma dei nuovi arrivati e le new entry
Assisteremo senza dubbio ad una conferma, lato utenti e brand, dell’utilizzo di TikTok, oggi ancor di più che la sua audience diventa sempre più matura e trasversale. Un canale capace di sfruttare al massimo la spinta verso l’intrattenimento, ma non solo. Gli ultimi mesi hanno portato alla luce contenuti e verticalità complesse e sicuramente interessanti (la sostenibilità e diversity su tutte). Se pensiamo poi ai CPM di piattaforma è facile pensare che i brand continueranno l’avvicinamento.
Idem per Twitch, canale che ormai va ben oltre il gaming e che sta diventano terreno ideale per lo streaming, tra serie tv, talk show, e addirittura sfilate (es. Burberry). Il fortissimo legame che si genera su questa piattaforma tra streamer e utenti è merce rara, sfruttabile con i giusti accorgimenti anche per i brand. Serve solo volontà di sperimentare quindi
YouTube Tv è un altro canale degno di attenzione soprattutto per chi lavora con la GenZ.
Lato novità va sicuramente segnalato Triller, l’app rivale di TikTok cresce infatti come utenti e collaborazioni. Forse se ne riparlerà di più nel 2022, ma è giusto cominciare a tenerla d’occhio.