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Scritto ascoltando: Pink Floyd – Time
Era da qualche tempo che avevo in mente di scrivere un post sul binomio tempo/social e su tutto ciò che da esso deriva. Un tema che ho sempre ritenuto fondamentale e che a mio avviso condiziona troppo il lavoro dei SMM per non essere approfondito. Il confronto (anche acceso) nato ad inizio settimana dai post di Veronica Gentili e di Francesco Ambrosino mi hanno definitivamente convinto.
Il tempo ed il suo essere quarta tangibile dimensione, valore che diviene fattore chiave con cui doversi continuamente confrontare. Tempus fugit, locuzione più che calzante quando si parla di social media marketing. Il tempo diventa tanto importante da segnare diversi aspetti del mondo social: orario di pubblicazione, tempo di vita di un post e, da poche settimane, permanenza dell’utente su un dato contenuto. Non sottovalutiamoli, perché gestire questi elementi al meglio spesso segna il confine tra un successo ed un insuccesso.
Pronti ad affilare i coltelli perché qui scommetto che ci saranno opinioni diametralmente opposte. Sull’importanza del quando pubblicare ci sono poche vie di mezzo: chi lo reputa un elemento pressoché inutile, chi invece ancora lo considera fondamentale.
Beh, adesso è venuto il momento di espormi: per me conta, eccome se conta. È innegabile come i nuovi smartphone e la sempre migliore connettività permettono a chiunque di essere costantemente connesso, limitando in parte il fattore quando, ma è altrettanto innegabile che il momento di pubblicazione resta comunque rilevante per i risultati.
Su Twitter ed Instagram, per la loro natura stessa, la scelta di quando pubblicare è cruciale, condizionando profondamente l’andamento del post. L’orario assume lo stesso ruolo da protagonista che hanno contenuto e hashtag, ed è per questo che gran parte dello startup dell’attività di comunicazione social sarà legata a trovare quello più adatto al nostro pubblico.
Anche su un social verticale come Linkedin, l’orario è fondamentale. A confermarlo anche l’esperienza personale di Mirko Saini, uno dei maggiori italiani di questo canale.
“Ho visto che non solo l’orario ma anche il giorno è importante. Il mattino a livello di orario, mentre per il giorno l’ideale è da Lunedì a Giovedì. Meno il Venerdì pomeriggio ed il weekend. Su Linkedin è determinante l’abitudine ad accostarlo con la sfera professionale e quindi ai classici orari d’ufficio”
Su Facebook la storia è un attimo diversa. Il ruolo preponderante dell’edgerank cambia le carte e conseguentemente l’approccio con l’orario di pubblicazione. Questo diventa infatti meno cruciale, condizionando in maniera minore i risultati del post. Dobbiamo quindi smettere di considerarlo? AFFATTO!
Estremizziamo il concetto. Se gestiamo una pagina con quasi eslusivamente fan americani pubblicare la mattina ora italiana difficilmente sarà una buona idea.
Meno determinante non significa infatti inutile. Ogni fanbase ha utenti diversi, con proprie caratteristiche ben definite, con provenienze spesso ben lontane dal nostro fuso ed è quindi fondamentale comprendere quando questi sono online e soprattutto quando abbiamo le migliori performance di engagement. Sì, perché a mio avviso non è tanto il conoscere i maggiori picchi di portata, quanto quelli relativi alle interazioni degli utenti, elementi che nella maggior parte dei casi vanno a braccetto, ma non così spesso come potremmo pensare. Non bisogna scordare poi che maggiori sono le interazioni nei primi momenti di vita di un post più l’edgerank lo premierà con maggiore visibilità (vi sembra poco?!?).
Basta quindi perdere ore di fronte alla famigerata “balena blu” degli insight e via a buon senso e test da cui trarre dati utili. Con tool come Fanpagekarma possiamo capire molto su orari ed interazioni e migliorare la nostra strategia di pubblicazione.
Tranquilli, non c’è bisogno di farsi venire il mal di tesa o l’angoscia: grazie all’intervento dell’algoritmo pubblicare alle 9 o alle 11 non porterà infatti cambiamenti così significativi, ma nemmeno dimentichiamo di quanto sia fondamentale conoscere a fondo le abitudini, anche orarie, dei nostri fan. Se siete ancora convinti che gli orari non siano importanti v’invito a postare per un mese alle 23 (sono buono) e a condividere poi i risultati.
N.B. Per la realizzazione di questo paragrafo mi sono avvalso di un piccolo sondaggio tra noti professionisti di settore: grazie quindi a Francesca Borghi, Francesco Gavatorta, Rachele Zinzocchi, Riccardo Scandellari, Simone Tornabene, Mirko Saini, Paolo Fabrizio, Elisa Migliori, Valentina Sala, Cora Francesca Sollo, Claudia Malva, Tommaso Lippiello, Valentina Vandilli, Monia taglienti, Silvia Signoretti.
Ecco un’altra forma del tempo pronta ad incidere sui contenuti dei social. La “vita media” di un post, una battaglia difficile da affrontare se non a colpi (rari) di viralità. Un inno all’effimero la durata di un post, con tempi spesso stretti, se non strettissimi. I dati di uno studio di Over Graph ci spiegano perfettamente questa situazione. L’analisi è stata condotta su 19.000 post su Facebook, di circa 57.000 tweet su Twitter e di circa 17.000 contenuti su Instagram.
La vita media di un contenuto su Twitter è risultata di 4 ore e 4 minuti, su Facebook di 14 ore e 42 minuti e su Instagram di 21 ore e 36 minuti. Un tempo davvero ridotto che ben ci trasmette il senso di immediatezza che contraddistingue il mondo social.
Se si parla di engagement i tempi diventano ancor più brevi: la metà delle interazioni si tocca dopo appena 40 minuti su Twitter, 11 ore su Facebook e dopo 9 ore per le immagini postate su Instagram. Per la serie “chi ben comincia è a metà dell’opera”.
Nell’ultimo aggiornamento al suo algoritmo di qualche settimana fa, Facebook ha inserito una novità che sin dalla prima lettura mi ha profondamente colpito (in positivo): più tempo un utente si soffermerà su un post, più contenuti simili appariranno nel suo news feed. Ecco a riguardo il pensiero di Adam Mosseri, il Director of Product di Facebook:
“Talvolta le persone leggono informazioni importanti in un post ma non necessariamente le condividono o le commentano. Ecco perché abbiamo aggiunto un nuovo fattore: ossia il tempo dedicato a leggere una storia”
Ecco che il tempo ritorna e palesa ancora la sua importanza, avvicinandosi per valore alle interazioni sociali (like, commenti, ecc). D’altronde capita spesso di soffermarsi su un contenuto senza però interagire con esso. È innegabile che engagement a parte, questo abbia attirato la nostra attenzione spingendomi a rapportarmi con esso (leggerlo). Un fattore che se non considerato rischiava di penalizzare contenuti validi.
Sta a noi SMM capire adesso come utilizzare al meglio questa novità e piegare il “tempo” a nostro favore.
Tre dimensioni, un unico protagonista: il tempo…. La relatività sui social è quanto mai realtà.