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Scritto ascoltando: The Pixies – Where is my mind?
Partiamo dal presupposto che con questo post mi attirerò qualche critica. Lo so già. Forse per la tematica da sempre vista come un argomento scomodo, da nominare con parsimonia (estrema). Sì perché l’automazione viene spesso percepita come uno di quei “segreti” di categoria di cui non bisogna mai parlare. Esiste, viene usata, ma non devi mai nominarla… un po’ come il Fight Club!
Scherzi (ma non tanto) a parte, la pubblicazione automatica dei post è una prassi utilizzata da molti social media manager per diffondere i propri contenuti sulle diverse piattaforme risparmiando tempo o per “rispondere”, automaticamente appunto, a determinate azioni che avvengono sui nostri profili (per esempio twittare un “Grazie” ad un nuovo follower). Sono numerosi i tool che permettono ciò, tra i più noti vi segnalo IFTT (ricco di risorse al di là dell’ambito social, ve lo consiglio!), Zapier e We Wired Web. Bastano poche e semplici mosse: si scelgono i social e l’azione che si desidera automatizzare (condividere su Twitter un’immagine che ho appena pubblicato su Facebook per esempio) ed il gioco è fatto. Un bel pilota automatico per i nostri social, facile no?!? Non proprio.
La programmazione automatica porta con sé numerose problematiche che un buon SMM non può non considerare. Ogni social ha ovviamente caratteristiche “fisiche” (lo spazio a disposizione di Twitter non è certamente quello di Facebook), un linguaggio ed un pubblico diverso, e sono proprio queste caratteristiche che interpretate al meglio fanno la differenza (su questo punto vi consiglio un post della brava Veronica Gentili). Motivazioni semplici ma basilari, le stesse che ci consigliano attenzione quando pubblichiamo lo stesso contenuto su diversi canali.
Non solo, automatizzare certi processi significa affidarsi alla “macchina”, con tutto ciò che ne consegue. Fa quello che gli viene detto di fare, senza valutare se sia giusto o sbagliato, esponendo spesso SMM e brand a situazioni critiche. “Sabbie mobili” che non risparmiano nessuno, neanche i migliori.
Ultimo esempio in ordine di tempo è quello di Barilla, cascata involontariamente negli inconvenienti dell’auto-pubblicazione. Nella nuova campagna #sospasta, il noto brand italiano si propone di consigliare una ricetta ai propri followers. Nel tweet l’utente segnala gli ingredienti a sua disposizione e lo accompagna con l’hashtag che dà anche il nome alla campagna.
A corto di idee in cucina? Scrivi un tweet con gli ingredienti a tua disposizione e l’hashtag SOSPasta, ti stupiremo! pic.twitter.com/NuItBzyg2X — Barilla (@Barilla) 18 Luglio 2014
Un’idea certamente interessante (a me è piaciuta) ma affidata con troppa leggerezza ad un bot. Il processo è infatti totalmente automatizzato: individua attraverso l’hastag i tweet, ne “estrapola” gli ingredienti segnalati e, automaticamente, risponde all’utente con una succulente ricetta. Tutto bene quindi?!? Non proprio… Gli SMM di Elis (coloro che curano la campagna) non avevano fatto i conti con l’elemento che più divide uomo e macchina: l’ironia. E’ infatti bastato un tweet di @michelegiova in cui segnalava il suo cane come ingrediente per mandare in tilt il processo, proponendo ricette a raffica. Un “piccolo” inconveniente direte… sì, se non avesse scatenato il lato oscuro degli utenti di Twitter ed una sequela di battute e tweet ironici.
Adesso vi vedo, starete già cancellando dalla lista dalle COSE BUONE E GIUSTE l’auto-pubblicazione. Come non farlo dopo ciò che vi ho raccontato? Aspettate un attimo. Come tutti gli strumenti, anche la pubblicazione automatica non è né buona né cattiva a prescindere. La differenza sta in come viene utilizzata. Troppo spesso mi imbatto in post di blogger che snocciolano best practices, corrette certo, ma sempre e solo legate ai “massimi sistemi”. Coca-Cola, McDonald’s, purtroppo non tutti hanno la fortuna di lavorare con clienti del genere (molti di noi nemmeno ci vanno vicino!), scontrandosi di conseguenza con situazioni che definirei piuttosto limite.
Risorse e budget sempre più risicati, un supporto dal cliente pressoché nullo, una sua visione sul mondo web molto poco realistica (che spesso sfocia in lampi di tuttologia applicata), grattacapi con cui dobbiamo quotidianamente confrontarci e per il bene nostro e della nostra agenzia superare al meglio (su le mani, per quanti di voi e così?!?). In questo scenario si è quindi spesso costretti a cercare la massima efficienza, trovando compromessi tra controllo, qualità e tempo. Siamo così certi che sia meglio fare (probabilmente non al meglio) dodicimila cose contemporaneamente che valutare la pubblicazione automatica? Lascio a voi la risposta (che spero mi darete nei commenti!).
Ogni realtà è diversa dall’altra, con necessità ed esigenze che nemmeno possiamo immaginare. Sta alla sensibilità di ognuno e alla consapevolezza della propria situazione la scelta di come e se utilizzare questo strumento. Come le tecniche segrete dei vecchi maestri dei film di Kung-Fu, il mio consiglio è semplice ma efficace: “usatela sempre e solo in caso di estrema necessità”, perché l’attività social difficilmente può prescindere dal lato umano e dalla relazione tra persone, il reale valore aggiunto dei social media.
PS: Se siete curiosi sul tema del rapporto persone-bot nel mondo social vi consiglio The raise of social bots, una ricerca promossa da alcuni ricercatori della Indiana University.
”Il futuro dell’ecosistema dei social media suggerisce che stiamo andando già verso ambienti in cui gli esseri umani navigheranno in un mondo popolato soprattutto da bot. Crediamo ci sia bisogno che bot e umani siano in grado di riconoscersi gli uni gli altri per evitare situazioni bizzarre, o perfino pericolose, basate sui falsi assunti di interlocutori umani“.