Oggi torno ad intervistare un professionista del digitale italiano. Simone Bennati (aka Bennaker) mi ha colpito subito per la sua competenza, ma in particolare per il suo stile a dir poco “diretto”. Ne ho visti spesso di blogger del genere, ma nella maggior parte dei casi questo “autenticità” era più costruita che fatto reale. Un semplice modo per farsi notare.
Non è affatto il caso di Bennaker. Lui è davvero quello che traspare dai suoi post o dai tweet taglienti che ogni giorno regala. Prendere o lasciare quindi, perché lui è così.
Vista la sua passione per Twitter mi è sembrato interessante fare due chiacchere con lui sugli ultimi avvenimenti che hanno visto coinvolto il social di Jack Dorsey. Un crisi che sembra più seria del previsto e che porterà senza dubbio cambiamenti importanti.
Ciao Matteo e innanzitutto grazie per avermi invitato. Come tu stesso hai anticipato, mi chiamo Simone, ho 32 anni (portati splendidamente) e sono di Roma. Per lavoro mi occupo di grafica e web design, ma le mie vere passioni sono il blogging e i social media. Ho infatti un blog, bennaker.com, nel quale racconto quelle che sono le mie esperienze all’interno dei social network, dedicando anche ampio spazio all’illustrazione di tool online, software e tutto ciò che può essere utile a chi, come me, è alla continua ricerca di soluzioni ai piccoli e grandi problemi legati alla rete e all’uso del personal computer in generale, cercando comunque di essere il meno “aranzulliano” possibile.
Il mio amore per Twitter fu tutto, tranne che immediato. Creai il mio account nel maggio del 2009, ma fu solo 3 anni dopo, ovvero verso la metà del 2012, che cominciai ad utilizzarlo veramente. Furono la politica e la televisione a spingermi ad approcciare a Twitter. In quel periodo, infatti, seguivo assiduamente numerosi talk show politici, all’interno dei quali venivano sempre più frequentemente lanciati hashtag. Il fatto di poter interagire con gli altri telespettatori collegati, o anche solo di poter dire la mia, mi affascinava enormemente.
In breve tempo mi ritrovai quindi “vittima” di Twitter, cosa che sono tutt’oggi, anche se (per fortuna) ho perso totalmente l’interesse verso il dibattito politico, nonché quel minimo che avevo verso la televisione.
Permettimi di essere totalmente sincero: faccio enorme fatica a classificare gli ultimi aggiornamenti di Twitter quali “innovativi”…
Tanto i cuoricini, quanto la nuova homepage, rappresentano dei cambiamenti assolutamente secondari rispetto a quello di cui l’utenza, presente e futura, avrebbe realmente bisogno. I “cuoricini” hanno mantenuto le stesse funzioni che avevano le “stelline” e l’homepage… Beh, siamo onesti: chi se l’è mai filata l’homepage di Twitter? Non credo che questi aggiustamenti grafici porteranno nuovi utenti alla piattaforma, né renderanno più gradevole la permanenza all’interno della stessa.
La mia sensazione è che il team di Twitter sforni micro-aggiornamenti “tanto per far vedere che sta facendo qualcosa”, ma che in realtà non voglia, o non possa, fare più di così. I problemi di cui soffre Twitter sono talmente evidenti che solo un cieco non li vedrebbe. Quindi, a mio parere, deve esserci qualcosa (o qualcuno?) che fa di tutto per far sì che non vengano presi in considerazione e risolti.
Ho seguito proprio in questi giorni la nascita e il successivo diffondersi dell’hashtag #SaveTwitter, lanciato proprio in seguito ad alcune voci di corridoio riguardanti l’imminente chiusura della piattaforma.
Ebbene, dal mio punto di vista, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Twitter non chiuderà e men che meno lo farà dall’oggi al domani. Parliamo infatti di una realtà che, per quanto in crisi, conta comunque 320 milioni di utenti attivi al mese, più di 35 uffici nel mondo e circa 4.300 dipendenti (dati forniti dall’azienda stessa su questa pagina). La salumeria a conduzione familiare sotto casa potrebbe chiudere dal giorno alla notte, ma Twitter no di certo.
Il mio augurio è che Twitter passi quanto prima nelle mani di qualcuno che ascolti gli utenti, nonché gli azionisti, e che riesca quindi a dare loro ciò che a gran voce chiedono: una piattaforma più amichevole, che lasci maggior spazio alla fantasia degli utenti e sulla quale si possa investire con fiducia.
Per come stanno le cose adesso, ci credo che la gente preferisce ammazzarsi di selfie su Instagram…
Io sono settimane che lo dico a Jack: “Amico mio, se non te la senti più di occuparti di Twitter, lascia fare a me. Sai che per te ci sono sempre”. Ma lui niente, non ne vuole sapere. È troppo orgoglioso ‘sto ragazzo…
Scherzi a parte, se fossi alla guida di Twitter e mi venisse data carta bianca, credo che lo rivolterei sottosopra, ma cercando comunque di mantenere intatti quegli aspetti che lo rendono unico nel suo genere. Il che significa, ad esempio, che non alzerei il limite dei 140 caratteri a 10.000, ma che piuttosto farei sì che l’inserimento di link e di contenuti multimediali non incida più sul totale.
Un’altra cosa che farei sarebbe eliminare tutti gli account fake, nonché quelli gestiti dai bot. Non a caso dei fakebot, ovvero i profili che “fingono di essere persone”, ho scritto più volte anche sul blog.
Introdurrei, inoltre, la possibilità di modificare i tweet, la quale è richiesta a gran voce dagli utenti ormai da troppo tempo.
In ultimo, e questa è un’idea che mi porto dietro da un po’, aggiungerei un nuovo tasto: il “Cip”, ovvero un tasto da incorporare nelle pagine web, la cui funzione sarebbe la stessa del “Mi piace” di Facebook: consentire all’utente di dimostrare il proprio apprezzamento attraverso il singolo click. E’ qualcosa che fanno anche LinkedIn con il “Consiglia” e Google+ con il “+1”. Twitter, invece, non ha niente del genere e questa, a parer mio, è una grave mancanza.
Credo che questo primo set di modifiche migliorerebbe già molto la piattaforma, rendendola significativamente più “friendly” e assai meno ingessata.
È qualcosa che mi auguro da almeno un paio di anni e credo che i tempi siano ormai maturi. Fossi in Google, approfitterei di questo momento di profonda crisi di Twitter per bussare alla porta di Jack Dorsey e convincerlo a cedere baracca e burattini.
Un’eventuale acquisizione da parte di Google sono certo che non solo allungherebbe la vita a Twitter, ma la migliorerebbe in modo esponenziale. Google Plus ormai è bollito, c’è poco da fare… Se quindi Google acquisisse Twitter, potrebbe finalmente chiudere Google Plus e ripartire sin da subito con la sua nuova piattaforma social, questa volta ben più forte e rappresentativa.
Non amo Google, ma almeno loro sanno quello che fanno.
È nelle mani di quelli che la pensano come Alan Kay, il quale diceva che:”Il miglior modo per predire il futuro è inventarlo”.
Spero che a San Francisco ce ne siano ancora.